Lavoro come architetto e interior design da molti anni, occupandomi anche di ristrutturare case a Torino, e questo mi ha permesso di confrontarmi con tante persone diverse, per cultura, età ed estrazione sociale. Ci sono però due comuni denominatori che ricorrono con più frequenza: la prima è che l’abitazione deve essere funzionale e bella; la seconda è la fascia di età che va principalmente dai 30 ai 55 anni. Perché? Perché oggi a 30 anni compri la tua prima casa e metti su famiglia; a 55 invece i figli sono diventati grandi e quella casa, quel nido, progettato per accudire ed ospitare una vita in fase di espansione non risponde più ad esigenze che naturalmente, in un arco temporale così ampio sono cambiate. Emerge dunque un altro dato, quello della flessibilità a cui un progettista di interior deve poter rispondere.
Si intuisce, che concetti come funzione, bellezza, flessibilità sono estremamente soggettivi e cambiano con età, estrazione sociale e culturale. Ma allora, ha senso parlare di tendenze dell’abitare? Se sì, in che termini? E cosa è la casa oggi? Queste domande, non sono solo professionali; sono domande profondamente umane, che inevitabilmente dobbiamo porci quando si progetta la casa per qualcuno che è appunto una creatura in bilico tra paure e desideri.
Ma andiamo per ordine…
Negli ultimi anni, a partire dalla pandemia, i cambiamenti sono stati tali, da modificare profondamente le nostre abitudini/bisogni e di conseguenza la concezione della casa; essa ha cambiato pelle, è diventata un luogo più ibrido, ma anche più complesso, perché in essa devono convivere relazioni sociali, familiari, lavoro, quindi spazi di silenzio, introspezione e quelli del chiacchiericcio. Ma non solo…l’isolamento imposto, ci ha fatto scoprire, il piacere di mangiare più spesso a casa, di cucinare per i nostri cari. So cosa stai pensando…nel sangue degli italiani già scorreva questa propensione, ma credo che questo interesse si sia ulteriormente rafforzato negli ultimi anni. E quindi? La cucina è diventata lo spazio dove si passa più tempo, grazie anche ai nuovi componenti di arredo, caratterizzati da un design sempre più minimalista: linee pulite, essenziali, ante spesso senza maniglie (sostituite con sistemi push-to-open) hanno trasformato i moduli di arredo della cucina in mobili spesso confondibili con quelli di spazi come il salotto. Ma forse l’obiettivo è proprio questo, trasformare la cucina da luogo deputato alla preparazione dei cibi a cuore sociale della casa, dove si mescolano convivialità e cura, in cui il cibo è elemento di aggregazione. Naturalmente non siamo solo alimento, anche se come sottolineato è indubbiamente fonte di piacere (sarà per questo che la Chiesa lo aveva inserito come uno dei sette peccati capitali?); oggi le persone sono interessate al benessere nel senso più ampio del termine, ed ecco quindi che da diversi anni possiamo osservare il “bagno” farsi strada a grandi passi, diventando il secondo, indiscusso, protagonista della casa. Esso è diventato un santuario personale, un piccolo spazio di rigenerazione e intimità: luci dedicate, calde, toni morbidi, vasche da bagno che sempre più spesso lasciano spazio a docce di grandi dimensioni, dove regalarsi momenti di relax sotto getti di piccole cascate d’acqua e cromoterapia; rivestimenti di grandi formati che richiamano materiali come pietra o marmo si alternano a texture floreali e colori pastello.
Funzionalità e bellezza sono dunque il nuovo mantra. Non una senza l’altra. Le persone cercano spazi che rispondano ai loro ritmi reali, che siano belli ma anche pratici, pensati per essere vissuti e non solo fotografati. Secondo il Global Wellness Institute, oltre il 73% delle persone considera la propria abitazione un elemento del proprio benessere, non in termini finanziari, ma nel senso che contribuisce a farci sentire bene, per la sua capacità di proteggerci in quanto “grotta moderna” e allo stesso tempo, di raccontare chi siamo. Ed è in questo scenario che cucina e bagno rappresentano forse più di altri, la nuova filosofia dell’abitare: un’esperienza quotidiana di qualità.
Si evince quindi, che la casa non può essere un prodotto meramente di tendenza ma un processo, che deve tener conto delle specificità di chi la abita. Per questo non credo nel concetto di “tendenza”, inteso come un approccio neutro, che prende le proposte del mercato e le replica in modo cieco e seriale, un approccio che causa forza maggiore diventa, se applicato, incapace di rispecchiare l’individuo nella sua specificità. Al contrario, le tendenze devono ispirarci, offrire nuovi linguaggi e direzioni, ma non devono diventare gabbie.
La nuova tendenza, forse dovrebbe essere il progetto su misura, che nasce dal carattere della persona che condiziona e abiterà quegli spazi. Una casa cucita addosso, come un abito sartoriale che ci fa sentire accolti. E l’accoglienza oggi, è più che mai un lusso.
In ultimo, per rispondere alla domanda “cosa è la casa oggi?”, non possiamo farlo senza parlare del lavoro, che molti svolgono stando a casa. È un cambiamento epocale che ha trasformato le nostre abitudini e con esse i nostri spazi. Infatti, quando ristrutturo un appartamento mi viene sempre chiesto di concepire, uno spazio preposto al lavoro. Questo è senza dubbio un’enorme opportunità: riduzione dell’inquinamento ambientale, ottimizzazione del nostro tempo, che possiamo concepire in modo differente. La casa smette di essere solo un dormitorio in cui rientro la sera. Dall’altro lato però, rischia di diventare una prigione invisibile. Molti mi raccontano di sentirsi “sempre al lavoro”, come se non esistesse più un confine tra il professionale e il personale. È per questo che oggi un professionista di interior, deve saper creare spazi definiti ma anche fluidi nel senso di adattabili, flessibili e che sappiano conferire un senso di accoglienza, benessere e funzionalità.
Per creare questo senso di benessere, bellezza e funzionalità, che vorrei eleggere a nuove tendenze in senso filosofico -al di là dei colori dell’anno, dei formati delle piastrelle e del tipo di decori- non posso dimenticare un altro aspetto: la biofilia che assume quindi un ruolo fondamentale. Non si tratta solo di convivere con le piante dentro casa, ma di ricreare un legame con la natura attraverso la luce e materiali naturali: un pavimento che restituisce la sensazione della pietra, una pianta le cui foglie ci fanno da ombrello mentre leggiamo, seduti sulla nostra poltrona di casa. Insomma dettagli che parlano al nostro inconscio, che ci donano serenità e quindi benessere psico-fisico. La biofilia non è una tendenza “green”, ma forse il contrario, una risposta all’esigenza sempre più crescente di rallentare i ritmi, di recuperare equilibrio e serenità; in un mondo iperconnesso e digitale, ci ricorda che siamo parte di qualcosa di più grande, e che la casa può essere il ponte tra l’uomo e la natura.
Quando progetto, parto sempre da una domanda semplice: cosa ti fa sentire a casa? Le risposte cambiano ogni volta. C’è chi mi parla del profumo del caffè al mattino, chi della luce che filtra alle quattro del pomeriggio, chi del silenzio della sera. Perché la casa deve assomigliare a chi la abita, non a chi la disegna.
Il progettista è lo strumento dell’unica vera tendenza che è la persona, nella sua unicità.
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