Da un lato la necessità di trovare fonti di energia rinnovabili, per scrivere capitoli nuovi nella lunga vicenda dei consumi e della sostenibilità, dall'altro il rischio che - nei campi - smettano di crescere frutta e verdura, ma "spuntino" sempre più pannelli fotovoltaici. Si muove lungo un sentiero stretto il cammino della transizione ecologica. E a Torino (ma soprattutto nella sua provincia) Coldiretti chiede di porre alcuni paletti a un consumo di suolo che altrimenti rischia di sfuggire di mano.
"Bloccare i campi fotovoltaici su suolo agricolo ma aumentare la produzione di energia pulita sui fabbricati agricoli e sul suolo già cementificato. È questo lo scopo della petizione lanciata da Coldiretti Torino tra gli amministratori locali dei 312 Comuni della Città Metropolitana", spiegano dalla sigla di categoria che rappresenta gli addetti ai lavori del settore primario.
Agricolo? Allora è "inidoneo"
La richiesta alla Regione è di dichiarare “inidonei” all’installazione di centrali fotovoltaiche tutti i terreni agricoli, secondo Coldiretti. Alla petizione hanno già aderito i sindaci di Pinerolo, Leinì, San Benigno Canavese, Maglione e Usseglio.
"La nostra iniziativa – spiega il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – parte dalla nuova ondata di richieste per la realizzazione di campi fotovoltaici a terra, in particolare nel Canavese. Multinazionali e fondi di investimento individuano aree coltivate e cercano di acquisirne il titolo per edificare i campi fotovoltaici sottraendo terreno alle coltivazioni. Al contrario chiediamo di aumentare la quota di questa importante fonte di energia rinnovabile sulle coperture dei fabbricati agricoli, quali abitazioni, stalle, magazzini, fabbricati di trasformazione e vendita velocizzando ulteriormente le procedure per tali installazioni e senza vietare alle aziende agricole di trarre dall’energia fotovoltaica la giusta remunerazione per gli investimenti effettuati e per il contributo all’incremento delle energie rinnovabili nel Paese".
"Non possiamo più permetterci di perdere suolo"
"Non possiamo più permetterci di perdere suolo - conclude -. Ribadiamo la necessità di valorizzare e tutelare il suolo non edificato in quanto bene comune risorsa non rinnovabile che oltre a produrre cibo di qualità, produce “servizi ecosistemici” e va gestito con le pratiche agricole e forestali anche per prevenire e mitigare gli eventi del dissesto idrogeologico".