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Attualità | 23 dicembre 2020, 19:49

Natale 2020, il messaggio di Nosiglia: "Riscopriamo i valori profondi di questa Festa. Combattiamo la solitudine: è la malattia peggiore" [VIDEOINTERVISTA]

L'arcivescovo di Torino manda gli auguri ai lettori di Torino Oggi: "Il figlio di Dio è nato nella povertà, lontano dal chiasso e dall'esteriorità e i primi ad aiutarlo sono stati i poveri. Riscopriamo i valori veri della nascita di Gesù stando vicino a chi ha bisogno, magari si trova alla porta accanto"

L'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia

L'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia

Quello del 2020 sarà un Natale come non se ne ricordano da anni, almeno dai tempi della guerra: quello del Covid e della pandemia, del coprifuoco, degli ostacoli e dei divieti a vedere i parenti e gli amici.

Un Natale di sacrifici e di restrizioni, insomma, anche per i torinesi. Ed è a loro che si rivolge l'arcivescovo Cesare Nosiglia, nel suo messaggio a poche ore dall'inizio delle celebrazioni di fine anno. "Sarà certamente una Festa più complessa e difficile da gestire, non solo per la pandemia, ma anche per altre ragioni come quella della povertà, diventata una delle realtà più presenti nella nostra città e non solo in periferia".



Sempre più torinesi sono in difficoltà: cosa si può fare per loro?
"Bisogna ritrovare solidarietà e condivisione da parte un po' di tutti. La Chiesa è sempre stata in prima linea sotto questo profilo: la gente ha bisogno del pacco di viveri e di ciò che è necessario, ma senza dimenticare mai l'importanza della vicinanza e della prossimità, perché non si sentano soli".

Ci sono fenomeni nuovi con cui vi state confrontando?
"Oltre la metà di chi ci chiede aiuto in questo momento è rappresentato da persone che prima non si erano mai rivolte alla Caritas. Dunque ci sono ancora molti poveri che non vediamo e situazioni-limite a cui non si può rimanere indifferenti. Penso ai giovani stranieri, cui non basta una pacca sulla spalla, ma che hanno bisogno di aver certezza per il loro futuro. Le donne vittime di tratta e di violenza, i bambini rom che non sono in grado di connettersi per la didattica a distanza e perdono la scuola, i giovani che perdono il lavoro e che non sanno come fare. Nessuno deve rimanere solo, perché la solitudine è la malattia più terribile che possa avere una persona".

E' stato un anno difficile anche per il lavoro. Lei è sempre stato in prima fila: cosa si può sperare per il futuro?
"Il lavoro che spesso viene meno è un grande problema del nostro territorio. Sempre più aziende danno il benservito ai loro operai. Penso alla Pininfarina Engineering, dove ancora si devono cercare soluzioni per gli esuberi. Ma il loro è solo il caso più recente di un anno segnato da tante crisi industriali e che ha visto l'intero nostro territorio scoprirsi più fragile. Serve uno sforzo comune, tra istituzioni, aziende e sindacato: solo insieme si possono individuare soluzioni a questa crisi e costruire un futuro per la nostra città che sia più giusto e solidale. La Chiesa è pronta a fare la sua parte, mettendoci la faccia quando si tratta di farsi sentire. Il lavoro rimane il valore più importante: ne va della dignità della persona e del futuro delle famiglie, perché spesso senza lavoro si creano anche crisi personali. Che questo Natale ci faccia capire sempre di più quanto è importante questo discorso. Gesù è nato in una famiglia povera, ma ha subito ottenuto dai pastori un segno di solidarietà. Natale ci insegna anche questo e dobbiamo esserne consapevoli e responsabili".

Che Natale è, quello che ci lascia vivere in maniera così "limitata" il Covid?
"Non credo che sarà una festa così limitata, ma anzi: potremmo ritrovare il senso vero della nascita di Gesù. Quando è nato, a Betlemme c'era tanto chiasso ed esteriorità, così tanto che non si sono neanche accorti della nascita del figlio di Dio, che è dovuto nascere in una stalla. Le Feste del passato erano tanto consumistiche ed esteriori. Quest'anno in cui siamo tenuti a stare a casa dobbiamo valorizzare le nostre famiglie. Il Covid è il nostro nemico comune, che dobbiamo affrontare con responsabilità. Ma il vero nemico è la solitudine: a Natale nessuno deve sentirsi solo, ognuno deve sapere di poter contare sui propri fratelli, anche se distanti".

Cosa si può fare?
"Il mio invito è questo: attiviamo la solidarietà della porta accanto. Ognuno deve rendersi consapevole di situazioni di difficoltà proprio vicino a noi, di cui magari non abbiamo mai pensato di farci carico. Invece tocca a noi, con le persone anziane, i disabili, i malati o chi si trova in quarantena. Fosse anche solo un saluto, un piccolo augurio bussando alla porta. Ma tutti in questi giorni si devono sentire accolti, capiti e compresi".

Quale augurio si sente di fare, per questo Natale?
"L'augurio che faccio a tutti noi è questo: recuperiamo i valori belli e importanti che in passato erano finiti un po' nell'ombra, di fronte a tante possibilità di carattere materiale ed esteriore che sembravano indispensabili per celebrare la festa. Invece ora possiamo recuperare il senso più intimo e vero della Festa. Gesù non è nato nella città e nel chiasso, ma nel silenzio. E sono stati i più poveri che per primi lo hanno accolto e sostenuto".

Massimiliano Sciullo

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