Codici Ateco. Da giorni, tra le parole d'ordine che anche chi non è esperto sta imparando a conoscere, c'è anche questa definizione che - alla luce degli ultimi provvedimenti adottati dal governo contro il contagio da Coronavirus - identifica la tipologia di aziende presenti sul territorio. E, in particolare, compila la lista di quelle che devono chiudere (perché definite non essenziali) e quelle che invece possono rimanere aperte.
Ma secondo la Cgil Torino, se si considera la sola zona del capoluogo piemontese, i numeri sono ancora preoccupanti: "Dai dati a disposizione - spiega Federico Bellono - a Torino su 270mila aziende complessivamente registrate alla Camera di Commercio, 122mila rientrano tra quelle che in base ai codici Ateco possono lavorare. Queste aziende occupano 400 mila lavoratori, cioè oltre la metà dei 700 mila complessivi: altro che sospensione quasi totale delle attività economiche".
Il sospetto, insomma (ma soprattutto il timore), è che il provvedimento possa avere un effetto limitato rispetto alle intenzioni. "Certo in queste aziende qualcuno lavorerà in smart working - dice ancora Bellono -, altre saranno comunque chiuse, ma il dato è impressionante e smentisce molte affermazioni di queste ore. Se la salute è al primo posto e i luoghi di lavoro aperti non possono che aumentare i rischi di contagio, occorre ridurre significativamente questi numeri, anche attraverso un confronto tra imprese e organizzazioni sindacali che consenta di individuare le attività davvero essenziali".
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