Difficile trovare nella cultura italiana degli ultimi decenni, un artista tanto versatile e completo. Veniva definito spesso solo col termine “scrittore”, un po’ perché era il suo mestiere principale, un po’ per comodità, per fare prima, perché elencare una dopo l’altra tutte le sue qualifiche sarebbe stata un’attività troppo prolissa e faticosa.
Stefano Benni è venuto a mancare qualche giorno fa, il 9 settembre, e ha lasciato un vuoto incommensurabile nella letteratura, nel cinema, nel teatro, nella televisione, nel giornalismo, perfino nella musica.
Non serve fare qui il riassunto della sua biografia, né sperticarsi in uno di quegli articoli che in gergo giornalistico vengono definiti “coccodrilli”. Non è questa la sede, non è questa la rubrica giusta.
L’unica cosa che si può dire, in estrema sintesi, è che chiunque in Italia, negli ultimi quarant’anni, abbia preso in mano una penna per creare e pubblicare una qualsiasi cosa, ha un debito con Benni e spesso ce l’ha inconsapevolmente. Perché le sue storie, la sua ironia, le parole che ha inventato, hanno saputo nel tempo staccarsi dalla carta e entrarci nelle orecchie, nelle bocche. Lo abbiamo fatto talmente nostro che a volte usiamo le sue frasi, i suoi pensieri, e neanche ce ne rendiamo conto.
Il vuoto lo ha lasciato, enorme, anche nel mondo del fumetto, al quale non è mai stato estraneo. A parte l’amicizia con Andrea Pazienza, raccontata in più occasioni, la sua prima esperienza da fumettista risale al 1998/99, quando si cimentò nella realizzazione, per la collana “Ossigeno” (che all’epoca lui stesso dirigeva), di “Albo Avventura n.1” e “Albo Avventura n.2”.
Albo Avventura 1 e 2
Vanno poi citate le tante sue opere che sono state riadattate sotto forma di nuvole parlanti. Come accadde, ad esempio, nel 2006, quando su Skorpio n. 9 e n. 10 venne pubblicata una delle più riuscite trasposizioni a fumetti di un suo racconto, non per niente sceneggiata da lui medesimo su disegni di Spartaco Ripa. Si tratta de “La Storia del Capitano Quijote Patchwork”, tratta dall’omonimo racconto contenuto nella raccolta “Terra!”; una toccante rivisitazione fantascientifica del mito di Moby Dick. La storia è stata ripubblicata nel 2011 da 001 Edizioni per la collana “Nuvole in tempesta”.
A sinistra, la copertina del volume “La Storia del Capitano Quijote Patchwork” (001 Edizioni). A destra, la vignetta in cui il protagonista compare per la prima volta
Sempre nel 2011, il portale Flashfumetto lanciò un concorso nazionale dal titolo “Siamo lieti di averla tra noi – I racconti di Stefano Benni a fumetti”.
Il bando invitava fumettisti, professionisti e aspiranti, a trasformare in tavole disegnate alcuni racconti scelti tra le raccolte di Benni “Il bar sotto il mare”, “L’ultima lacrima” e “La grammatica di Dio”.
L’iniziativa ebbe un riscontro sorprendente: più di 140 giovani autori parteciparono, dando vita a opere che furono poi esposte durante l’edizione dello stesso anno del festival internazionale del fumetto “BilBOlbul”. Tutti i lavori vennero raccolti in un catalogo e infine pubblicati da Kappa Edizioni in un volume antologico.
La copertina del volume “Siamo lieti di averla tra noi – I racconti di Stefano Benni a fumetti”
Ancora nel 2011 registriamo il graphic novel/libro illustrato “Fen il Fenomeno”, disegni di Luca Ralli, opera tratta dal romanzo di Benni “Pane e tempesta” del 2009.
Nel 2016 l’autore bolognese presenziò al Lucca Comics, per la presentazione di un altro graphic novel, “La Bottiglia Magica”, illustrato da Ralli e Tambe e edito da Lizard.
Qualche mese prima, era uscito per Gallucci Editore il volume “10 teorie sull'estinzione dei dinosauri (e 25 animali fantastici)”. Testi di Benni e illustrazioni di Altan (il papà della cagnolina Pimpa, per intenderci).
Le copertine dei volumi “Fen il Fenomeno”, “La Bottiglia Magica” e “10 teorie sull'estinzione dei dinosauri (e 25 animali fantastici)”
Nel 2019 è uscito poi per Feltrinelli, su illustrazioni di Gianluca Folì, il graphic novel che contiene la favola illustrata “La bambina che parlava ai libri”. Qui Benni, con rara delicatezza, si è ispirato alla storia vera di Inge, la fondatrice della stessa casa editrice.
La copertina del volume “La bambina che parlava ai libri”
Una rassegna per forza parziale, questa. Ma, insomma, il punto è che i “coccodrilli” di questi giorni, non hanno forse sottolineato abbastanza il ruolo importantissimo che questo enorme artista ha avuto anche nel fumetto.
Una grave perdita che possiamo attenuare andando a rileggere le sue opere, magari partendo proprio da quelle citate qui.
Noi ci rileggiamo la prossima settimana.