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| 03 aprile 2021, 11:25

La storia di Marco, 13 anni: "Con il lockdown e la dad, ha iniziato a farsi del male. Poi la depressione"

Il racconto della mamma: "Non riesce a sostenere queste ondate di tristezza e paura e chissà quanti ragazzi sono nelle sue stesse condizioni. Ma il supporto del servizio neuropsichiatria non è sufficiente, in un periodo così"

Bimbo spaventato davanti a uno schermo di computer

La dad provoca ferite molto profonde nella psiche dei ragazzi

Non è (solo) una questione di didattica, di attenzione, di apprendimento. Gli effetti con cui il lockdown e la didattica a distanza stanno colpendo soprattutto i più giovani lasciano ferite spesso invisibili, ma estremamente profonde. Difficili, da rimarginare.

Come la storia di Marco (il nome è di fantasia), 13 anni compiuti da poco e una casa in zona Mirafiori Nord. A raccontarla, cercando di sfogare la tensione e la preoccupazione, è la sua mamma. "Uno dei primi effetti su di lui della dad è stato l'autolesionismo. Nessun taglio, fortunatamente. Ma altri gesti con cui può farsi male". 

Ma quando è iniziato, tutto questo?
"La prima volta che Marco mi ha parlato di questo problema era lo scorso mese di maggio, ma temo che la cosa andasse avanti da più tempo. Di certo, a maggio il suo disagio diventa fortissimo. Abbiamo così iniziato la psicoterapia, da cui sono emersi disagi ed emozioni represse".

Ma è solo l'inizio.
"Sì, perché con il tempo viene fuori l'ansia e, da gennaio 2021, anche la depressione. Una sofferenza difficile da descrivere, anche perché la consapevolezza di stare male lo fa stare ancora peggio".

E quindi cosa succede?
"Da gennaio la situazione peggiora. Lui, fisicamente, non riesce a sostenere quelle ondate di tristezza e paura. Non dorme più e con la psicologa pensiamo a darle della melatonina. Ma, soprattutto, capiamo che ci sono rischi di suicidio da fatica. Quindi decidiamo di rivolgerci alla neuropsichiatria".

E la situazione non migliora.
"Qui la questione diventa kafkiana. Mi sono fatta fare la ricetta dal medico di Marco per una visita neuropsichiatrica urgente. Siamo al 22 febbraio: mando tutto all'Asl e compilo i fogli del caso. Ma non ricevo notizie. Richiamo e mi dicono che non hanno caricato i documenti. Ogni settimana chiamo e mi rendo conto che non ce la fanno a far fronte alla mole di ragazzi che chiedono aiuto, alle famiglie".

E Marco, nel frattempo, è di nuovo a casa. In dad.
"Un giorno della scorsa settimana non si riesce nemmeno ad alzare dal letto. Lo sollevo io, lo sprono e lo lavo, l'aiuto a vestirsi. Lui si connette in dad piangendo".

E della visita specialistica?
"Ancora nulla. Sento la psicologa e porto Marco al pronto soccorso dove la neuropsichiatra mi dice che avrebbe sollecitato i servizi. A forza di smuovere acque e di telefonare e mandare mail, il giorno successivo mi chiamano dall'Asl e mi fissano un appuntamento".

La sua preoccupazione di mamma, però, va oltre la vicenda di Marco.
"La questione è che non è possibile che le Asl, che pure fanno tutto il possibile in un momento difficile come questo, debbano lavorare con un solo neuropsichiatra in servizio. Evidentemente è colpa di tutti i tagli di questi anni, ma soprattutto in questo momento che la neuropsichiatria infantile è così importante".

Marco non è l'unico, insomma.
"Non riesco a immaginare quanti genitori ci siano, in questo momento, nella stessa situazione. Magari mamme e papà che sono costretti ad aspettare e intanto vedono i figli spegnersi, giorno dopo giorno".

Massimiliano Sciullo

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