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Attualità | 19 marzo 2020, 06:00

Coronavirus: "La corsa dall'Uganda per rientrare a Torino prima che chiudano i voli"

La storia di Cecilia, in Erasmus nel paese africano e che insieme ad altri tre studenti sta cercando di anticipare il ritorno in Italia finché i collegamenti resteranno aperti. "Qui non ci sono casi né allarmi, ma gli ospedali potrebbero avere grossi problemi in caso di contagio"

Coronavirus: "La corsa dall'Uganda per rientrare a Torino prima che chiudano i voli"

In questi giorni continuano le difficoltà degli italiani all’estero. Causa emergenza Coronavirus molti volti sono stati cancellati, rendendo il rientro a casa molto complesso con scali e tragitti in macchina o in treno. 

Anche per la torinese Cecilia Morra l’eventuale volo di rimpatrio non sarà diretto. In Uganda per il suo master in Antropologia Culturale ed Etnologia all’Università di Torino, in questi giorni sta decidendo se tornare in Italia insieme ad altri suoi tre colleghi e diversi altri italiani, sebbene in questo modo anticiperà la fine del suo progetto di Erasmus Plus con cui sta terminando la ricerca di tesi con focus “sulle donne congolesi e la loro capacità di adattamento alla migrazione forzata”. 

“Sono qui da solo un mese, sarei dovuta ripartire a luglio - spiega Cecilia - sto anticipando il rientro perché l’Università di Torino ci ha chiesto di prendere seriamente in considerazione la possibilità di tornare in Italia e di farlo il più in fretta possibile in vista della progressiva chiusura dei voli e dei collegamenti internazionali. Stiamo prendendo questa scelta piuttosto difficile, se proseguire qui o rientrare. Io vorrei tornare, primo perché lavorando con i rifugiati, che sono una categoria estremamente sensibile, se effettivamente arrivasse un contagio qui in Uganda e si diffondesse un’epidemia non sarebbe più possibile far ricerca, e secondo perchè oltre al problema del contagio c’è un problema di rientro, nel senso che se l’epidemia arriva e il Paese decide di chiudere i confini, non avrò più la possibilità di tornare in Italia a tempo indeterminato, non si sa infatti quando si ristabiliranno le comunicazioni internazionali. Inoltre, è un momento difficile per la mia famiglia, le persone a cui voglio bene e la mia comunità, se devo preferisco perciò trascorrere un tempo di quarantena con la mia famiglia piuttosto che in un Paese straniero, senza avere notizie sul rientro a casa. Le altre persone che sono con me stanno ancora valutando, ci stiamo confrontando con l’ambasciatore, con i professori, con altri italiani e stiamo cercando di prendere una decisione il più possibile ponderata, anche perchè in ballo per alcuni c’è la carriera accademica e non è semplice”. “Per ora - aggiunge - non ci siamo trovati nella condizione di essere bloccati, ma è quello che stiamo cercando di evitare sapendo la situazione di altri studenti in Spagna e in Norvegia”. 

 

Rientro incerto “Una volta al Cairo potrebbero comunque chiudere i voli”

 

L’idea degli studenti torinesi è quella di prendere un volo domenica o lunedì prossimo con la EgyptAir che permetterebbe loro di fare scalo al Cairo e da lì proseguire per l’Italia. “Sperando che il Cairo non chiuda perché i casi in Egitto si stanno diffondendo e non sappiamo cosa potrebbe succedere. Una volta scelto di tornare e una volta al Cario infatti non sappiamo poi se l’aereo partirà, non si sa se i voli rimarranno aperti, ad esempio Dubai è stato chiuso”. Rimanere d’altronde comporta diversi dubbi.

“Sicuramente ci sarà un danno economico perché avevamo già prenotato il nostro biglietto di ritorno a luglio, non potrà essere anticipato, perché la Brussels Airlines sta riducendo i voli dall’Uganda verso l’Europa, quindi dovremmo comprare un biglietto a parte pagandolo a nostre spese, anche perché come borsa di studio ci verrà pagato solo il primo mese di mobilità, ovvero i giorni che effettivamente abbiamo trascorso in Uganda. Ancora non si sa ancora di eventuali rimborsi per le spese dovute al rientro. E’ tutto in forse, la situazione in Italia è in evoluzione, cosa che non ci aiuta a orientarci, anche se come Paese sta gestendo bene la situazione. Purtroppo la malattia stessa è in continua evoluzione e diffusione, quindi è difficile prendere delle decisioni”.

 

In Uganda “Per ora non c’è allarme e non ci sono casi confermati, stanno cercando di non fare arrivare la malattia”

 

In Uganda al momento non c’è ancora troppa agitazione tra la popolazione: “Per adesso le persone non sono allarmate, però iniziano a circolare voci, alcuni di noi sono stati chiamati “coronavirus” per strada, niente di aggressivo però rende l’idea di quanto si stia diffondendo la percezione che, non tanto l’italiano, quanto il bianco porti la malattia. Le persone sono comunque estremante amichevoli, nessuno ha avuto reazioni aggressive nei nostri confronti. Però si sente che il clima sta cambiando. Nei mercati, per strada, le persone iniziano a notarti non solo come bianco, ma anche come eventuale portatore di virus dall’estero”.

 

Per ora resta buono l’umore degli altri italiani, mentre il Governo ugandese sta iniziando a prendere le prime misure contro il Covid-19: “Il resto della comunità italiana qui la sta vivendo con incertezza, ma non come paura  - spiega la studentessa torinese - perché non ci sono casi confermati in Uganda . Il Governo sta prendendo alcune disposizioni di sicurezza, come la quarantena per chi arriva da fuori, si stanno rinviando le partite di calcio, ma come nel resto della comunità internazionale. Anche il sistema sanitario sta cominciando a muoversi con i sistemi che ha. Se effettivamente arrivasse il virus comunque penso che non sarebbe così semplice gestire la situazione, quindi di base stanno cercando di non farlo arrivare. L’aspetto positivo è che qua la popolazione anziana che rischia di morire per Coronavirus è bassa, tuttavia è molta alta la fetta di popolazione immunodepressa. Inoltre gli ospedali non hanno le capacità e le attrezzature dei sistemi sanitari in Europa, si troverebbero a dover curare una quantità elevata di pazienti, senza averne i mezzi. Ci sarebbe non solo una certa mortalità, ma anche un alto livello di panico, uno dei motivi per cui stiamo valutando il ritorno”.

 

Ritorno che comporta diverse difficoltà anche una volta atterrati su suolo italiano: “Una delle incertezze riguarda anche cosa fare una volta tornati in ltalia, nel senso che non sappiamo se saremo messi in quarantena e se potremo tornare nelle nostre città. Arrivati a Milano potremo spostarci da lì? Potremo tornare nella nostra residenza ufficiale? Queste gli aspetti che dobbiamo ancora capire”. 

 

Chiara Gallo

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