La 31.ma edizione del Salone del Libro di Torino si è chiusa ancora con risultanti buoni, per non dire ottimi. La sfida con Milano anche quest’ anno è vinta. Ma non basta. Nuvoloni neri si addensano sul futuro della grande kermesse libraria piemontese. Ripeto: piemontese e non solo torinese.
Perché il successo del Salone del Libro è un successo per l’ economia dell’ intera regione. Basti questo dato: 30 MILIONI DI EURO.
E’ questa, infatti, la cifra totale delle ricadute economiche su tutto il territorio piemontese. I conti li ha fatti l’ Università di Torino: tra pasti, acquisti vari e periodi di soggiorno coloro che arrivano per l’ esposizione libraria spendono circa 7 milioni e mezzo di euro. A questi bisogna aggiungere le spese che sostengono gli espositori e tutti coloro che collaborano per l’ allestimento e l’ organizzazione: e sono altre 6,8 milioni di euro. Occorre, inoltre, sommare ancora il maggior carico di lavoro delle imprese locali e la necessità di reperire mano d’ opera straordinaria, sempre per i giorni del Salone. Insomma, una vera e propria miniera d’ oro per il Torino e per il Piemonte.
Quanti gruppi di espositori o visitatori, dopo una giornata al Lingotto, hanno approfittato per fare una capatina nelle Langhe, nel Cuneese, nel Torinese e nel Monferrato per deliziarsi con una cena coi fiocchi. E quanti visitatori, giunti da fuori regione, ho visto mettere in borsa, insieme ai libri acquistati, anche qualche squisitezza piemontese da portare a casa, o regalare agli amici .
Ecco perché il Salone va salvaguardato e difeso con i denti. E’ un volano incredibile per la nostra economia e per il nostro turismo. Chi lo vuole affossare non vuol bene al Piemonte.